Una delle principali ragioni per cui si sceglie di affidare la propria attività a un marketplace invece che realizzare un proprio e-commerce, è l’idea che con i marketplace non vi è bisogno di sostenere costi pubblicitari, avendo già come utenti gli utenti del marketplace stesso.

Chi apre un negozio su un marketplace, tende a pensare di avere un enorme pubblico a propria disposizione, potenzialmente interessato ai propri prodotti, e quindi sufficiente per sostenere il proprio business, senza dover affrontare alcun costo, se si eccettua quello della presenza sul marketplace stesso.

Questa idea ha sicuramente in sé della verità. Chi è su un marketplace ha certamente più visibilità di chi apre un proprio e-commerce senza promuoverlo in alcuna maniera aspettando che gli utenti arrivino da sé.

Ma quello che ingenuamente molto spesso non si considera è che sui più grandi marketplace, quali Amazon e E-Bay, per ogni singolo prodotto o tipologia di prodotto, si trovano praticamente sempre centinai di rivenditori diversi che si fanno concorrenza tra loro con ogni mezzo.

Diventa quindi molto difficile farsi notare dagli utenti così da avere probabilità di vendere i propri prodotti. Quando un utente ricerca qualcosa su un marketplace, utilizzando la barra di ricerca e inserendoci il nome del prodotto cercato, i risultati ritornati sono di solito centinaia, mentre quelli che hanno più probabilità di essere considerati sono al limite qualche decina.

Rimanere seppelliti al fondo dei risultati di ricerca compromette gran parte del vantaggio di un marketplace. Per questa ragione la maggior parte dei negozi che operano su marketplace hanno grandi difficoltà a sopravvivere.

Questa è anche la ragione per cui i grandi marketplace, nonostante in un certo senso promettano ai venditori una massa di utenza consistente e gratuita, poi mettono a disposizione dei venditori stessi delle pubblicità a pagamento. Attraverso di esse un venditore ha possibilità molto maggiori di essere notato, ma a fronte del costo da pagare al marketplace. Così le aziende che decidono di percorrere questa via oltre che pagare il costo mensile del servizio e le commissioni sul venduto, si trovano anche a dover sostenere i costi per le pubblicità interne al marketplace.

Vi è inoltre una ulteriore considerazione che riguarda i negozi da poco aperti che hanno quindi poche o nulle vendita. Questi negozi hanno una difficoltà ancora maggiore a essere notati nei risultati dalle ricerche, perché i marketplace tendono spesso a mostrare per primi i prodotti di venditori noti, con una lunga storia e con molti prodotti venduti. Questo per varie ragioni, tra cui quella per cui sanno che se un venditore ha venduto molto in passato, lo farà anche in futuro, con un buon ritorno quindi per il marketplace stesso attraverso le commissioni ricevute.

Queste considerazioni sono già abbastanza solide per far guardare all’idea degli utenti gratuiti per i negozi sui marketplace, sotto una diversa luce. C’è però una considerazione ancora più fondamentale.

Tutti i marketplace nella presentazione dei prodotti di una certa azienda sui cataloghi o nelle schede della stessa, fanno comparire, in certe posizione della pagina, anche i prodotti delle aziende concorrenti. Questo così da dare opportunità agli utenti di visionare anche altri prodotti, nel tentativo di aumentare le vendite del marketplace.

Tale funzionalità può essere certi utile a molti venditori, perché in questo modo i loro prodotti tendono ad avere un visibilità maggiore. Questo vantaggio ha però un drastico svantaggio, e cioè che ogni volta che un utente visiona un prodotto di un’azienda, visionerà anche quelli dei concorrenti.

Detto diversamente, sui marketplace, gli utenti non sono “propri” come su un e-commerce proprietario, ma sempre condivisi con tutti i concorrenti. Ed è questo il grande problema di chi sul marketplace, invece che aspettare passivamente che arrivino gli utenti, vuole provare a portare attivamente dei potenziali clienti sulle pagine dei propri prodotti, intraprendendo delle azioni di promozione di varia natura (annunci sui motori di ricerca, e-mailing, social marketing, etc.).

Coloro che mettono in atto questo tipo di attività, portano in realtà utenti non solo a sé stessi, ma anche tutti i propri concorrenti, tra cui ci sono moltissimi che cercano di vivere di sola pubblicità passiva e quindi non danno il proprio contributo a “portare” la loro parte di utenti, a danno di chi invece lo fa.

Tornando al discorso dell’espansione e solidificazione del brand della propria azienda, qui si vede chiaramente quanto sia difficoltoso farlo su un marketplace. Su queste realtà le attività di promozione del proprio brand finiscono, almeno in parte, per essere anche delle promozioni dei brand concorrenti.

Ed è questo uno dei tanti modi in cui i marketplace, appositamente o per motivi fisiologici, limitano in maniera consistente la libertà di fare crescere il proprio business secondo le strategie e le direzioni che si pensano più proficue.

Di contro, chi realizza una promozione verso il proprio e-commerce, sa con certezza che una volta che l’utente arriva sul sito, non sarà condiviso con nessun’altro. Se c’è quindi una ragione per cui un imprenditore avveduto, a cui interessa un business duraturo, solido, espandibile e che porti risultati nel tempo, dovrebbe avere la propria piattaforma e-commerce è certamente questa. La pubblicità è l’anima del commercio, certo, ma non la pubblicità che porta clienti ai propri concorrenti.

Concludendo

Quanto qui detto non vuole certamente affermare che i vari marketplace siano delle realtà inutili, su cui i progetti sono destinati a fallire. Perché in realtà esistono tante aziende che operano sui marketplace in maniera profittevole e con business funzionanti.

L’intento invece è quello di favorire il confronto tra una buona azienda che lavora su un marketplace e una buona azienda che ha un proprio e-commerce.

Benché entrambi possano essere profittevoli, a parità di condizioni, l’azienda che con un proprio e-commerce è riuscita nel tempo a costruirsi un brand solido, è sicuramente avvantaggiata sulla concorrente che opera sul marketplace, e che ogni mese deve pagare migliaia di Euro in commissioni, sottostando inoltre alle diverse limitazioni che quel tipo di soluzione inevitabilmente comporta.

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